DOLOROSA PASSIONE
un racconto di Paolo Rocchigiani
C’era stato grande fermento nel consiglio e tra gli anziani. Tutto era apparso immediatamente fin troppo chiaro, dopotutto era solo questione di tempo. Avevo sentito parlare tra loro alcuni membri del sinedrio e non prevedevo niente di buono.
Quella mattina, partendo dai propri rappresentanti, l’eccitazione e la furia prendevano sempre più forza in mezzo al popolo mentre si intrecciavano l’un l’altra inebriando un’aria già fin troppo frizzante. Cercai un posto nella piazza per vedere meglio facendo attenzione ad evitare i gruppi più scalmanati istruiti ad arte. A fatica riuscii a sistemarmi e a scorgere l’imputato da lontano.
Gesù, così si chiamava quell’uomo, si era equiparato a Dio e quindi aveva attirato su di sé la collera dei sapienti che alla fine ne avevano decretato la condanna capitale per bestemmia. Ma le loro erano solo parole dalla grande eco e in realtà non erano in grado di eseguire tale condanna. Ad avere l’ultima parola era infatti il Procuratore romano. Con l’accusa politica per il reato di lesa maestà per essersi proclamato Re di Giudei lo portarono dinanzi al potere di Roma. Pilato, dopo averlo interrogato, lo aveva trovato innocente: lo avrebbe fatto fustigare e poi rilasciato non dando troppo peso alle ragioni giudaiche. Quella soluzione scatenò però la reazione del popolo che a gran voce invocava la crocifissione per il Re dei Giudei e la liberazione di Barabba.
Il Procuratore chiamò la folla ad esprimere la propria preferenza su chi dei due liberare per rispettare l’usanza della concessione di una grazia in quel periodo dell’anno. Il potere della più grande potenza del Mondo si piegò alla barbara volontà di una folla animalesca e Pilato, dopo essersi lavato le mani, consegnò il condannato ai suoi carnefici.
Gesù fu portato alla colonna e fustigato. Il suono degli scocchi dapprima accompagnato dall’entusiasmo della gente rimase presto l’unico agghiacciante suono ad essere ascoltato. La frusta aprì piaghe spaventose sul corpo del condannato. Gli tolsero la veste che intanto si era attaccata alle piaghe e mentre gliela strappavano di dosso queste ultime si riaprirono. Lo coprirono allora con un mantello rosso, sporco e stracciato che a stento gli arrivava alle ginocchia. Gli ordinarono di sedersi su una trave mentre intrecciavano una corona di spine che poi gli misero in testa in una maschera di sangue. Gli diedero una canna come scettro e risero di lui, risero del Re dei Giudei mentre gli sputavano in faccia, lo prendevano a pugni, lo deridevano e facevano a gara nello schernirlo.
E lui? Gli occhi bassi senza reagire, senza emettere nemmeno un gemito consumava la sua sofferenza. Non riuscii più a guardare schiacciato dal pensiero del dolore che Gesù stava soffrendo. Chi poteva comprendere il suo dolore? Chi può comprendere il suo dolore?Poi lo condussero via costringendolo a portare a spalla la croce sulla quale lo avrebbero crocifisso. Profondamente turbato dovetti abbandonare quella vista. Barcollando cercai di allontanarmi sopraffatto dalla milionesima parte di quello che Gesù aveva e avrebbe sofferto sul Golgota. Gli chiesi perdono, gli chiesi perdono. Da allora non passai giorno senza pensare alla sua dolorosa passione.