La città senza ombre

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LA CITTA’ SENZA OMBRE

un racconto di Paolo Rocchigiani

 

Ogni superficie della città di Lys rifletteva una luce splendida e tanto pura da eliminava ovunque ogni minima ombra, persino da sotto i piedi della gente. Le sue strade e i suoi palazzi brillavano come se il sole non tramontasse mai… letteralmente!  I suoi scienziati avevano infatti  trovato il modo di imprigionare per sempre l’energia solare e da decenni la città dalle alte torri non conosceva più il buio. Abbracciata da un giorno perenne, per i suoi abitanti le ombre erano poco più di un ricordo sbiadito. Per permettere loro un sonno naturale, nella metropoli dei sogni veniva permesso il buio solo in casa e solo in determinati orari. Nulla poteva turbare la sua perfetta esistenza.

Attraverso l’ampia vetrata del suo studio al trentatreesimo piano della torre a base esagonale del distretto sud, il giovane artista Kevyt prendeva ispirazione per i suoi dipinti. Usava colori brillanti, molto accesi, così caldi e gioiosi da far sembrare vivo quello che dipingeva. Dopo molto tempo aveva terminato la sua ultima opera: un ritratto di Lub Teeb un eroe mitologico dell’epopea di Eadrom. Come non essere orgogliosi di un lavoro del genere? Un connubio tra tecnica ed ispirazione che rasentava la perfezione.

Il giovane Kevyt  rimase ad ammirarlo  a lungo assaporando un compiacimento come mai prima di allora. Mentre riponeva i colori e i suoi pennelli, un movimento goffo causò  accidentalmente la caduta di una modesta quantità di colore sulla tela, nella zona proprio vicino ai piedi del ritratto dell’eroe. Di solito Kevyt era calmo e meticoloso, ma in quell’occasione sembrò perdere ogni razionalità. Si precipitò a cercare di eliminare l’eccesso di colore senza un piano preciso, creando solo un’azione caotica che si autoalimentava. Il risultato fu solamente quello di rendere la macchia sempre più grande e scura a causa del turbinante mescolarsi dei colori.

Probabilmente non aveva mai provato tanta rabbia in vita sua e fu questo pensiero a pietrificarlo dinanzi alla tela. Si guardò le mani e poi tornò ad ammirare il quadro. Un osservatore d’altri tempi avrebbe detto che Lub Teeb aveva un’ombra sotto di sé. Quell’elemento così oscuro rispetto alla solita solarità del suo modo di dipingere inquietava nel profondo il sensibile animo dell’artista. Preso da uno sconosciuto e forte sentimento di sgomento seguito da uno di pari forza incentrato sulla rabbia decise che era necessario distruggere quell’abominio. Eliminarlo era il suo unico pensiero.

Fece per prendere il primo oggetto tagliente che gli capitasse a portata di mano. In cucina non trovò niente di meglio che un coltello, lo impugnò e alzò il braccio per vibrare un fendente di giustizia liberatrice. La lama tremava riflettendo la luce perfetta di Lys. Un solo movimento e tutto sarebbe finito. Ma si fermò. Nuovamente tornò ad ammirare quella che nonostante tutto era la sua creatura, poi lentamente tornò ad uno stato d’animo più mite. Lasciò cadere il coltello il cui tonfo a terra spezzò un surreale silenzio e tenendosi la testa tra le mani si allontanò dal quadro.

Mancava poco all’ora in cui all’interno delle case era consentita l’oscurità, così si lasciò andare sul divano. Sfinito attese. A poco a poco la luce intorno a lui perdeva di intensità e contemporaneamente i suoi occhi andavano chiudendosi. L’oscurità, dapprima strisciante, divenne dominante prendendo il sopravvento sul mondo di Kevyt che si addormentò.

Quando l’indomani si svegliò, il suo corpo era provato dal sonno agitato. Ancora tramortito, si alzò a fatica dal divano da cui non si era mosso per tutta la notte e, spinto da un comando irresistibile, si diresse di nuovo verso il quadro. I sentimenti sopiti del giorno prima riemersero con tutta la loro forza inaspettata quasi sopraffacendolo, ma si dissolsero di colpo quando, dritto dinanzi l’opera maledetta, Kevyt si rese conto che l’ombra era sparita. I suoi occhi scandagliarono ogni dettaglio, ogni pennellata, ma quell’ombra oscura che lo aveva perseguitato era scomparsa, dissolta come nebbia al sole.

Kevyt non trovava spiegazioni razionali. Possibile che avesse solo sognato? Per giorni rimase isolato, prigioniero del suo dubbio. Poi, piano piano, la parte più razionale del suo essere cominciò a prendere il sopravvento per risolvere la situazione. Si convinse che si fosse trattato solo di un sogno, semplicemente di un sogno, seppur straordinariamente vivido. Tutto sembrava essere tornato alla normalità e il giovane artista  ripreso la sua attività con fervore creativo. Il ritratto di Lub Teeb era ancora avvolto da un panno di seta viola e tenuto in un angolo poco in vista dello studio.

Poi una mattina, mentre faceva colazione, ascoltando le ultime notizie, fu attirato d una in particolare che aveva preso il sopravvento su tutte le altre. Si sintonizzò sul multicanale delle notizie sul grande schermo a scomparsa sul muro del salone attirato dal crescente clamore di un avvenimento che si preannunciava di notevole importanza. La notizia rimbalzava come impazzita su tutti i canali e opinionisti di ogni tipo tiravano fuori ogni sorta di ipotesi: da pochi minuti era comparsa la gigantesca ombra del palazzo più alto del quartiere centrale di Lys. Come una enorme spada nera tagliava in due la città investendo centinaia di palazzi con una oscurità d’altri tempi.

Immobile Kevyt fissava lo schermo con gli occhi spalancati, poi si voltò a cercare l’angolo nascosto dove il quadro del suo improbabile sogno giaceva. Già da quella sera si cominciarono ad avere notizie di episodi di violenza praticamente sconosciuti prima di allora. Non era finita lì. Una seconda gigantesca ombra non tardò a manifestarsi, poi una terza, una quarta e così via.  Le ombre crescevano come radici nere, invadendo ogni angolo della città, divorando lentamente la sua luce perfetta. In poco tempo  Lys si ritrovò immersa nell’oscurità, la sua splendida luce si era spenta. Girare per strada era diventato estremamente pericoloso, si veniva aggrediti da bande di uomini regrediti ad uno stadio bestiale. Non vi erano più attività figlie dell’intelletto umano e a dettar legge era solo il più forte.

Dall’alto del suo appartamento Kevyt fissava l’oscurità sotto di lui. Usciva solo di rado per cercare qualcosa da mangiare usando la massima cautela. Incontrare qualcuno voleva significare incontrare la morte. Non serviva più a nulla cercare di darsi una spiegazione, si poteva solo cercare di sopravvivere nella nuova realtà. In una notte particolarmente oscura, fredda e resa ancora più agghiacciante da un sottofondo di ululati disumani, voleva solo essere invisibile. Istintivamente cercò riparo rannicchiandosi nell’angolo più nascosto del suo studio in preda ad un terrore paralizzante. Desiderava solo scomparire  e, muovendosi per essere invisibile, urtò e fece cadere qualcosa. Il suo vecchio capolavoro cadde a terra divincolandosi dalla sua protezione di seta e mostrando appena un angolo del suo splendore.

Lo aveva quasi dimenticato. Era stata la sua ultima opera degna di nota prima che tutto cambiasse. Raccolse tutto il coraggio di cui era ancora capace e si avvicinò, voleva  guardarlo ancora una volta. Nel buio del suo nascondiglio i vitali colori del quadro risaltavano luminosi. Lub Teeb sembrava guardarlo diritto negli occhi. Si ritrasse, poi tornò ad ammirarlo. Accadde allora l’incredibile. Dapprima il quadro sembrò emanare una leggera luminescenza, poi una forte luce avvampò avvolgendolo. Kevyt lasciò la presa e il quadro  cadde a terra. Dalla tela fuoriuscì Lub Teeb in carne ed ossa. Maestoso e splendido era avvolto da una luce perfetta. Kevyt non riusciva a credere a quello che stava succedendo. L’eroe dell’epopea di Eadrom si guardò intorno e sorrise all’artista. Poi la sua luce divenne sempre più potente quasi che non potesse essere ulteriormente contenuta nell’appartamento della torre.

Con passo deciso Lub Teeb si diresse verso l’ampia vetrata. Lo spesso vetro non poteva trattenerlo: si lanciò nel vuoto lasciandosi dietro una scia luminosa che solcava l’oscurità del cielo di Lys. Kevyt si precipitò per guardare e vide che, a grande velocità, l’eroe si dirigeva verso il centro della città. Per un attimo lo vide fermarsi, poi cominciò a salire verticalmente, sempre più in alto. La scia scomparve per un impercettibile istante, poi una mastodontica esplosione di luce avvolse l’intera città prima che un boato assordante fagocitasse ogni suono.

A quel punto Kevyt si svegliò di soprassalto, cadendo dal divano. In preda ad un autentico terrore si guardava intorno, tastandosi il petto e poi le braccia. La splendida luce di Lys avvolgeva calda il suo appartamento e la città tutta. Nessuna traccia di ombre ed oscurità né tanto mento di eroi mitologici. Il suo quadro era lì dove lo aveva lasciato, perfetto ed immacolato nella sua mirabile esecuzione. Ancora confuso corse a collegarsi al multicanale delle informazioni in cerca  della notizia del disastro, ma niente di sconvolgente faceva notizia. Tutto intorno a lui solo il solito splendore di Lys.

Non riusciva ad articolare pensieri che avessero senso e gli ci volle un po’ perché riuscisse a tranquillizzarsi  e a riprendere il controllo di sé.  Che brutto scherzo gli aveva fatto la sua mente! Non riusciva a ricordare un incubo che lo avesse agitato allo stesso modo. Una bella boccata d’aria lo avrebbe certamente aiutato, così si preparò in fretta deciso ad uscire. Prese il turboascensore e fissò la sua immagine nello specchio della cabina non potendo nascondere l’accenno di un ironico sorriso appena abbozzato sul suo volto. Attraversò l’atrio della torre ed uscì fuori. Tutto sembrava essere al suo posto e la città delle alte torri ancora più splendida del solito. Mentre respirava a pieni polmoni tornava in sintonia con la sua Lys abbandonando l’ansia dell’incubo che aveva vissuto. Passeggiare era un rimedio perfetto per eliminare ogni scoria ancora presente nel suo essere e decise di dirigersi nel quartiere centrale ad ammirare la torre più alta della alte torri. Mentre passeggiava a passo spedito ogni superficie della città di Lys rifletteva una luce splendida e tanto pura da eliminava ovunque ogni minima ombra, tutte tranne quelle nascoste sotto ognuno dei passi del giovane artista. 

 

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